...per il recupero della memoria storica, per la difesa, il riscatto ed il futuro del popolo meridionale, per una vera rappresentatività politica del Sud...

mercoledì 31 luglio 2013

Un bellissimo pezzo di Bruno Pappalardo su Angelina Romano (9 anni, trucidata dai piemontesi...) che, come PdelSUD, onoreremo Sabato 3 p.v. a Longobardi (Cs) dedicandoLe una strada...


ANGELINA CANTA, …TI PREGO, CANTA ANCORA!


di Bruno Pappalardo

Avrebbe visto il Boom economico degli anni ’50? Poco probabile! Forse, invece, avrebbe vissuto i primi bombardamenti  sul Sud della Seconda Guerra Mondiale? Ma avrebbe forse visto i primi vespasiani per strada   e riso al   cinematografo conoscendo a memoria tutti i più noti e imbrillantinati e azzimati divi dell’epoca . Avrebbe visto da vicino un aerostato, o forse una foto, su un enorme manifesto di Primo Carnera o sentito,  ma certo anche letto o visto, qualche opere di Eduardo o di Viviani, forse avr…
Ma che conta? Angelina Romano non c’è mai stata!
Fu una solo una enorme macchia rossa nettata da un vestitino lungo che scopriva appena i piedi scalzi e sozzi. Otto o nove anni che si può vedere?  
A lei non è toccato vedere!
Tanti non vedono, … tanti s’ammalano, tanti per caso muoiono. 
La sorte è doppia, inaffidabile, sleale.
Ma la Storia NO! La Storia è generata dagli uomini. La Storia è voluta dagli uomini per la vita. E la vita è regolata dalla nostra Ragione. Viene costruita per passaggi e diventare un’altra Storia.
A questa però non è permesso uccidere Vilmente, Ignominiosamente!
Gli eserciti s’affrontano e hanno davanti il nemico! Hanno il privilegio di riconoscersi.
L’umanità e la sua storia mutano l’uomo e l’uomo il suo destino seconda un’ inaccettabile etica.
Doveva diventare una donna, ovvero un Universo! 

Angelina non l’ebbe, lasciò la sua voce e il suo canto,…Il suo congegno procreativo di sangue linfatico ad un vigliacco.
Dovette farsi credere amico.
Quell’amico era alle sue spalle.
E’ rimasto solo indietro quel canto, quella voce, … ma mai si spense.
Angelina canta ancora…!

Bruno Pappalardo

martedì 30 luglio 2013

Le dichiarazioni dell'Assessore Pina Tommasielli, a difesa dei vergognosi attacchi alla sua onorabilità e a quella dell'operato della Giunta de Magistris del Comune di Napoli.


Postiamo, con condivisione il video della Conferenza Stampa dell'Assessore Pina Tommasielli del Comune di Napoli :



La nostra dichiarazione, come Partito del Sud, che abbiamo inviato all'Assessore in merito :


"Egregio Assessore,
il PARTITO DEL SUD, che come ricorderà è stato nella coalizione vincente che ha sostenuto l'elezione di Luigi de Magistris e la conseguente costituzione di questa giunta di cui Lei fa parte,e continua in progetti e collaborazione con il sindaco, Le testimonia tutta la vicinanza, solidarietà e stima che Le è dovuta per la sua meritevole attività. Con l'occasione ci impegniamo a diffondere il video delle sue dichiarazioni."

Andrea Balia

Vice Presidente Nazione del Partito del Sud

La strage del viadotto e le bare allineate in una palestra, come a San Giuliano di Puglia


Sentito articolo di Gigi Di Fiore dal suo blog di oggi sul Mattino; il Partito del Sud esprime il proprio cordoglio alle famiglie di tutti gli scomparsi nell'incidente della A16 e la solidarietà ai feriti e ai loro familiari.

di Gigi Di Fiore

 C'è sempre una palestra, nel dolore. Bare allineate. Tutte uguali e tutte diverse. Fiori, mamme, padri, fratelli, sorelle che si chiedono perché. Le tragedie, certe tragedie, posseggono un rito che si ripete. Il rito del dolore, del pianto, delle mille domande senza risposta.



La tragedia sull'autostrada A16, sul maledetto viadotto nel vallone di Acqualonga. Come la tragedia per il terremoto di quel 31 ottobre 2002 a San Giuliano di Puglia: 27 bambini e una loro maestra morti per il crollo della scuola elementare del paese. Me le ricordo quelle piccole bare tutte bianche, mi ricordo quella palestra surreale. La morte allineava vite e speranze differenti. Le mamme invocavano un nome, si aggrappavano alla fede in mancanza di altro. C'era compostezza in quelle lacrime. C'era stupore. Chi poteva fare qualcosa, perché, come è successo? Le eterne risposte che incombono su una morte improvvisa.

Era l'angoscia che raccontò nel 1947 anche Dino Buzzati, in un articolo senza uguali sul Corriere della sera. Il 16 luglio di quell'anno, nel mare di Albenga era naufragata una motonave con una comitiva in gita scolastica. Morirono 44 bambini e 4 accompagnatrici. Bare allineate, lenzuola bianche. Il rituale dei volti sgomenti. "Ad Albenga si era concentrato tutto il dolore del mondo", scrisse Buzzati.

Quello stesso dolore si è concentrato oggi a Pozzuoli. L'Italia è in lutto, le tragedie collettive invocano spiegazioni, responsabilità: 38 morti pesano su quella strada maledetta in discesa.

Con il presidente Ciampi, nel giorno dei funerali a San Giuliano piangemmo tutti. Ascoltammo il lamento delle mamme, le richieste di giustizia. Non riuscimmo ad esercitare cinismo, a governare l'emozione che ci prese. Persino l'indimenticabile Peppe D'Avanzo, scorza dura di cronista mai abbastanza rimpianto, lacrimava.

E' duro raccontare il dolore, ma è dura la ripetitività di queste tragedie. Segnate da bare in fila, palestre in grado di raccoglierle, folla attonita.
Perché, ci si chiede anche ora, come è potuto accadere? Certe domande non sempre trovano risposte. E il dolore di una perdita cara, troppe volte, deve bastare a se stesso.


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sabato 27 luglio 2013

NAPOLI. CONVENTION NAZIONALE DEGLI ELETTI VERDI...Riflessioni e strategie! Invitato il PdelSUD.


Prima un caffè, con un tavolino provocatoriamente posizionato in Piazza Plebiscito (davanti Palazzo Reale) per festeggiare la sentenza del Tar che da ragione al Comune di Napoli per l'uso degli spazi pubblici per eventi con la partecipazione della cittadinanza....


Poi interventi di deputati di S & L, ex 5 Stelle (ora Gruppo Misto), eletti dei Verdi come Assessori, Consiglieri, ecc. e di Alfonso Pecoraro Scanio (ora Fondazione Uni Verde) con spunti di riflessione sulle tematiche ambientaliste nell'ambito di un posizionamento futuro all'interno d'un nuovo Centrosinistra.


scambio d'idee sul meridionalismo e i temi ambientalisti tra il Vice Presidente Nazionale del Partito del Sud Andrea Balìa e Alfonso Pecoraro Scanio



Partito del Sud  Napoli





“La Costituzione stravolta nel silenzio”. Il Partito del Sud aderisce all’appello e alla raccolta firme contro la riforma presidenziale lanciata dal Fatto Quotidiano




Nei giorni scorsi avevamo già diffuso il nostro pensiero sull'operazione in corso in Parlamento per cambiare, in modo a dir poco irrituale, la Costituzione della Repubblica con due articoli a mia firma diffusi da questo blog il 10/7 ed il 25/7.

Per noi del Partito del Sud è inaccettabile quello che sta avvenendo in questi giorni, la deriva di questi accadimenti è preoccupante e foriera di possibili pericoli per la nostra democrazia, considerando anche che questo sconsiderato attacco alla Carta Costituzionale proviene da un Parlamento di soli nominati. Fortunatamente alcune forze politiche , a cui va il nostro incondizionato plauso, in questa occasione, si stanno battendo democraticamente come possono per fermare questa  deriva pericolosa.

Ieri il giornale "Il Fatto Quotidiano"ha lanciato un appello , qui riportato in calce, che condividiamo nelle sue richieste. Invito tutti a sostenere questa forma di resistenza pacifica ed a firmare e diffondere l'appello, io l'ho già fatto.

Natale Cuccurese
Presidente Nazionale del Partito del Sud


Costituzione

Fonte: Il Fatto Quotidiano
More Sharing ServicePubblichiamo l’appello contro il ddl di riforma costituzionale firmato da Alberto Lucarelli, Paolo Maddalena, Gianni Ferrara, Cesare Salvi, Massimo Villone, Silvio Gambino, Antonio Ingroia, Paolo Ferrero, Antonello Falomi, Domenico Gallo, Raffaele D’ Agata, Raniero La Valle, Beppe Giulietti, Antonio Di Pietro e Mario Serio.

Pubblichiamo l’appello contro il ddl di riforma costituzionale firmato da Alberto Lucarelli, Paolo Maddalena, Gianni Ferrara, Cesare Salvi, Massimo Villone, Silvio Gambino, Antonio Ingroia, Paolo Ferrero, Antonello Falomi, Domenico Gallo, Raffaele D’ Agata, Raniero La Valle, Beppe Giulietti, Antonio Di Pietro e Mario Serio.
Ignorando il risultato del referendum popolare del 2006 che bocciò a grande maggioranza la proposta di mettere tutto il potere nelle mani di un “Premier assoluto”, é ripartito un nuovo e ancor più pericoloso tentativo di stravolgere in senso presidenzialista la nostra forma di governo, rinviando di mesi la indilazionabile modifica dell’attuale legge elettorale. In fretta e furia e nel pressoché unanime silenzio dei grandi mezzi d’informazione la Camera dei Deputati ha iniziato a esaminare il disegno di legge governativo, già approvato dal Senato, di revisione dall’articolo 138, che fa saltare la “valvola di sicurezza” pensata dai nostri Padri costituenti per impedire stravolgimenti della Costituzione.
Ci appelliamo a voi che avete il potere di decidere, perché il processo di revisione costituzionale in atto sia riportato sui binari della legalità costituzionale. Chiediamo, innanzitutto, che l’iter di discussione segua tempi rispettosi del dettato costituzionale, che garantiscano la necessaria ponderazione delle proposte di revisione, il dovuto approfondimento e anche la possibilità di ripensamento. Chiudere, a ridosso delle ferie estive, la prima lettura del disegno di legge costituzionale, impedisce un vero e serio coinvolgimento dell’opinione pubblica nel dibattito che si sta svolgendo nelle aule parlamentari.
In secondo luogo vi chiediamo di restituire al Parlamento e ai parlamentari il ruolo loro spettante nel processo di revisione della nostra Carta costituzionale. L’aver abbandonato la procedura normale di esame esplicitamente prevista dall’articolo 72 della Costituzione per l’esame delle leggi costituzionali, l’aver attribuito al Governo un potere emendativo privilegiato, l’impossibilità per i singoli parlamentari di sub-emendare le proposte del Governo o del Comitato, la proibizione per i parlamentari in dissenso con i propri gruppi di presentare propri emendamenti, le deroghe previste ai Regolamenti di Camera e Senato, costituiscono altrettante scelte che umiliano e comprimono l’autonomia e la libertà dei parlamentari e quindi il ruolo e la funzione del Parlamento.
Vi chiediamo ancora che i cittadini possano liberamente esprimere il loro voto su progetti di revisione chiari, ben definiti e omogenei nel loro contenuto. L’indicazione generica di sottoporre a revisione oltre 69 articoli della Costituzione, contrasta con questa esigenza e attribuisce all’istituendo Comitato parlamentare per le riforme costituzionali indebiti poteri “costituenti” che implicano il possibile stravolgimento dell’intero impianto costituzionale.
Non si tratta di un intervento di “manutenzione” ma di una riscrittura radicale della nostra Carta fondamentale non consentita dalla Costituzione, aperta all’arbitrio delle contingenti maggioranze parlamentari. Chiediamo che nell’esprimere il vostro voto in seconda lettura del provvedimento di modifica dell’articolo 138, consideriate che la maggioranza parlamentare dei due terzi dei componenti le Camere per evitare il referendum confermativo, in ragione di una legge elettorale che distorce gravemente e incostituzionalmente la rappresentanza popolare, non coincide con la realtà politica del corpo elettorale del nostro Paese. Rispettare questa realtà, vuol dire esprimere in Parlamento un voto che consenta l’indizione di un referendum confermativo sulla revisione dell’articolo 138.
Vi chiediamo infine di escludere dalle materie di competenza del Comitato per le riforme costituzionali la riforma del sistema elettorale che proprio per il suo significato politico rilevantissimo ha un effetto distorsivo nell’ottica della revisione costituzionale. E’ in gioco il futuro della nostra democrazia.
Assumetevi la responsabilità di garantirlo.
Nota: Abbiamo cambiato il sistema di firma elettronica facendo ripartire il contatore da zero. Con il precedente modulo online sono state raccolte 7.500 firme, tutte certificate, che verranno sommate. Chiediamo a chi lo ha già fatto di non firmare di nuovo. In ogni caso, al termine della petizione gli elenchi verranno confrontati: le firme doppie e quelle non autentiche verranno eliminate.



venerdì 26 luglio 2013

Piazza Plebiscito aperta agli eventi il Tar dà ragione al Comune, Sovrintendenza ko


Riceviamo dall'Ufficio Comunicazione del Sindaco Luigi de Magistris, e, con soddisfazione, postiamo...

Accolta la richiesta di sospensione degli effetti del decreto di vincolo apposto dalla direzione regionale dei beni culturali


ORDINANZA TAR E COMMENTO DEL SINDACO SU PIAZZA DEL PLEBISCITO


Con l’ordinanza n.1266/13 la settima sezione del Tribunale amministrativo regionale della Campania, ha accolto la richiesta di sospensione degli effetti del decreto di vincolo indiretto apposto dalla Direzione Regionale dei Beni Culturali e Paesistici su Piazza del Plebiscito, che era stato impugnato dall’Avvocatura comunale.
Il provvedimento, molto articolato nella sua motivazione, enuncia le seguenti osservazioni:
1.I vincoli indiretti, a maggior ragione sui beni pubblici, devono rispondere a criteri di ragionevolezza e proporzionalità.
2.La valorizzazione dei beni culturali non contrasta con l’utilizzo degli stessi, nell’ottica delle reciproche competenze istituzionali (di Enti locali, Regioni e Ministero dei Beni culturali) delineate dal quadro costituzionale, in particolare dall’art. 9 della Costituzione.
3.L’esclusione dell’allocazione di sedie e tavolini, per gli esercizi commerciali posti al di fuori del colonnato di San Francesco di Paola, non è ragionevole, poiché tali elementi non alterano la cornice ambientale, ma anzi costituiscono occasioni utili per la fruizione collettiva dei luoghi pubblici di pregio, anche tenendo conto della scarsa invasività di tali elementi di arredo rispetto alla rilevante ampiezza della piazza. Ciò sulla base della “comune sensibilità”, che è concetto elastico, ma riconducibile pur sempre a valori condivisi di utilizzazione degli spazi, come accade nell’esperienza culturale nazionale ed internazionale.
4.L’utilizzo della piazza per “eventi”, sempre sulla base del medesimo concetto di “comune sensibilità” può essere dilatato sino a ricomprendere gli ulteriori spazi necessari per rendere l’area vincolata idonea ad ospitare le manifestazioni programmate. In tal caso, l’ampiezza degli spazi da dedicare alle manifestazioni, culturali e spettacolari, dovrà essere individuata d’intesa tra le due amministrazioni pubbliche, sulla base di una leale collaborazione istituzionale.
Il Tribunale amministrativo, nel rinviare la discussione sul merito del ricorso al 20 febbraio 2014, ha inoltre sottolineato che la concessione della misura cautelare si è resa opportuna sulla base della imprescindibilità dell’esercizio della potestà amministrativa comunale sui beni pubblici, da rendersi doverosamente funzionali nell’interesse della collettività.

COMMENTO SINDACO DE MAGISTRIS :

“Abbiamo sempre lavorato ricercando la massima collaborazione istituzionale nell'interesse della città. Al tempo stesso, però, abbiamo sempre espresso la nostra contrarietà verso il decreto promosso dalla Sovrintendenza perchè, nei fatti, significa la chiusura di piazza Plebiscito ai cittadini e alle cittadine. Impedire che si svolgano concerti e manifestazioni, per altro in uno dei luoghi simbolicamente più importanti di Napoli, è inaccettabile ed ingiusto, specchio di una visione che francamente non possiamo che contrastare. Perchè una cosa è il rispetto dovuto al nostro patrimonio storico-artistico e alle norme che lo conservano, altra cosa è il dogmatismo burocratico che vorrebbe la città, in questo caso una piazza così importante e bella, spenta e chiusa alla presenza dei cittadini. Per questo accogliamo con soddisfazione l'ordinanza del TAR rispetto ad un decreto che per noi rappresenta un obbligo intollerabile, capace di danneggiare non solo l'immagine di Napoli ma anche il suo sviluppo materiale e civile, quello che può  derivare dall'organizzazione di eventi e manifestazioni musicali e sportive, ma anche civiche e sociali, come è stato compiuto fino ad oggi nella stessa piazza. Resta intatto il doveroso rispetto verso il ruolo di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico-culturale che spetta alla Soprintendenza ma, certo, questo compito deve armonizzarsi con la rivoluzione che vogliamo realizzare anche in materia di spazi pubblici aperti e partecipati e vivi".

Luigi de Magistris

Fonte : Marzia Bonacci
portavoce Luigi de Magistris

Puntuale l'articolo di Gigi Di Fiore sulla nomina del napoletano Roberti all'antimafia...



di Gigi Di Fiore

Roberti, un napoletano alla guida della Procura nazionale antimafia

 Un napoletano alla guida delle Procura nazionale antimafia. Dal 1993, ci sono stati un calabrese (Bruno Siclari), un toscano (Pierluigi Vigna), un siciliano (Piero Grasso) e ora tocca a un campano. Conosco Franco Roberti da quasi 30 anni. Avevo da poco messo piede a Castelcapuano, sede del tribunale napoletano, per occuparmi di cronaca giudiziaria, quando incontrai quel sostituto. Era determinato, volitivo, diffidente. Quanto bastava al primo impatto, per prenderci reciprocamente le distanze, avvicinandoci poi sempre più con la stima che segue la conoscenza più approfondita.

Quando nacquero le sezioni distrettuali antimafia, il procuratore capo di Napoli era Vittorio Sbordone. Delegò la guida del delicato ufficio a Lucio Di Pietro, già allora il magistrato inquirente più esperto in materia di camorra. Il magistrato che aveva gestito le principali inchieste nelle sanguinose guerre tra Nco e Nf. Lui, Roberti, pensò di provare l'esperienza romana: scelse di andare alla Procura nazionale dove capo era stato nominato Bruno Siclari.

Era il 1993, chi aveva voluto l'ufficio di coordinamento nazionale delle indagini sulle mafie, Giovanni Falcone, era stato ammazzato dai Corleonesi. Dopo di lui, toccò anche a Paolo Borsellino. La generazione dei magistrati più giovani alla Procura nazionale seguì quei modelli. Roberti aveva 43 anni.

Un giorno del 1992, eravamo insieme ad un convegno a Stresa su giustizia e informazione, mi confidò il suo cruccio principale: "Seguendo questo lavoro che è impegno a tempo pieno, ho perso tanti passaggi della vita dei miei figli. Su questo, devo ringraziare mia moglie che è stata con loro tanto presente". Una confidenza inaspettata, ricevuta da chi appariva sempre duro, chiuso, senza cedimenti sentimentali. Non era così.

Sportivo, i suoi allenamenti ai remi alla Canottieri Napoli sono stati sempre la sua passione, cinico quanto basta per un magistrato. Alla Procura nazionale, dove fu delegato a seguire le indagini di mafia in Basilicata e poi Sicilia, rimase fino alla gestione Vigna. Poi il ritorno a Napoli. Da aggiunto, dopo non molto tempo divenne coordinatore della Dda.

Qualche anno prima, tra il 1992 e il 1996, era stato lui a coordinare, con Paolo Mancuso, Luigi Gay, Antonio Laudati e Giovanni Melillo, le indagini nate dalle dichiarazioni di Pasquale Galasso, principale collaboratore di giustizia della camorra negli ultimi 30 anni. Camorra e politica, camorra e imprenditoria, camorra e burocrazia. Fascicoli delicati e impegnativi.

Da coordinatore della Dda, appoggiò le inchieste sui Casalesi che avevano in Federico Cafiero (oggi procuratore capo a Reggio Calabria), il punto di riferimento fondamentale. A Napoli, tanti sostituti di oggi lo definiscono il loro "maestro". Poi, Salerno, a risanare una Procura lacerata da divisioni e scontri interni. L'omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, il sindaco pescatore, è rimasta l'indagine incompiuta. Indizi, convinzioni, ma poche prove. E tanti silenzi. A quasi tre anni da quell'omicidio, Roberti va alla Procura nazionale. Ma l'inchiesta continua.

"Le mafie non sono un problema, sono IL PROBLEMA del sud" mi ha più volte ripetuto. E una volta, dopo la presentazione all'Istituto di studi filosofici del mio libro "L'impero dei Casalesi", mi rivelò: "E' vero, stavamo cercando di convincere Cutolo a collaborare con la giustizia. Glielo impedirono le sue donne, la sorella e la moglie".

Confidenza del 2008 da chi aveva indagato sui rapporti tra politici potenti e clan della camorra. Franco ha 65 anni, ne ha molti ancora davanti per potere ben lavorare alla Procura nazionale. Risorse, energia, entusiasmo e preparazione non gli mancano. E' l'altro volto del Sud: quello che le mafie le combatte (a volte, per questo, molti ci sono anche morti). Senza tollerarle, o conviverci. In bocca al lupo, procuratore.

Gigi Di Fiore

Fonte : www.ilmattino.it

Il diluvio prossimo venturo


un' interessante e approfondita riflessione del nostro Presidente Nazionale...


di  Natale Cuccurese

Ultimamente ci chiediamo, ormai quasi quotidianamente, a cosa serva questo Stato oltre che a eseguire pedissequamente e prontamente gli ordini di ambasciatori kazaki, statunitensi, tedeschi, diktat della BCE, di agenzie di rating o di ogni altra origine forte o presunta tale, sempre inevitabilmente con atteggiamento servile e passivo pur di veder comunque soddisfatta la necessità di restare a galla.
Sembrerebbe quasi che l’unico scopo evidente di questo Stato e soprattutto di larga parte di questa classe politica sia ormai solo quello della conservazione del potere fine a se stesso, in modo autoreferenziale, e di non tollerare intralci ai programmi di grande opere previste, alle commesse militari e a tutto quel che porti alla conseguente distribuzione di danaro e prebende a grandi imprese e poteri forti, anche in barba alla grave crisi finanziaria, la quale peraltro è usata ormai solo come pretesto, al grido taumaturgico “ce lo chiede l’Europa”, per smantellare quel poco di Stato sociale ancora presente e progettare liquidazioni in grande stile del residuo patrimonio, anche industriale, italiano con la connivenza di quasi tutte le forze politiche, e vari comitati privati d’affari, presenti in parlamento, dediti ormai solo a blindare e conservare la loro quota inalienabile di potere contro tutto e tutti, pronti a svendere al miglior offerente i rimanenti gioielli di famiglia come già accadde, ovviamente senza risultati positivi, nel 1993.
Per fare questo non si pone nessun argine alla trasformazione dello Stato, della sua Costituzione e delle sue regole e costumi in semplice apparato, anche repressivo, al servizio dei potenti contro i deboli, sia sul piano interno che internazionale pronti ora anche a modificare, in modo presumibilmente settario e a solo uso e consumo di questi interessi e poteri, la Costituzione repubblicana. 
Che nel processo di revisione della Costituzione abbia voce in capitolo l’esecutivo è una novità assoluta. Come scrive infatti Aldo Giannuli " questa procedura eccezionale consisterebbe in una sorta di deroga una tantum, per sveltire i lavori finalizzati ad una limitatissima riforma costituzionale, come l’abolizione del voto di fiducia da parte del Senato, così da evitare un blocco come quello seguito alle elezioni di febbraio. Ma, come fa notare il costituzionalista Alessandro Pace (Repubblica 8 giugno 2013), la proposta governativa dovrebbe essere approvata con procedura ordinaria, per cui faremmo passare il principio per cui una legge ordinaria può derogare alla Costituzione e questo potrebbe essere ripetuto per qualsiasi altra revisione. Di fatto stiamo aprendo la porta alla disarticolazione dell’art. 138 e, con esso, della stessa attuale Costituzione. Il dubbio che sorge è che si voglia preparare una revisione organica della Costituzione e che la “deroga” attuale sia solo la legittimazione di ben più sostanziose prossime deroghe. Anzi, ad essere proprio maliziosi, sorge il sospetto è che il testo della nuova Costituzione sia già pronto e giaccia in qualche cassetto…"
Già in precedenza si era proceduto, senza che nessuno o quasi trovasse da ridire, con la modifica dell’art. 81 della Costituzione introdotta dal governo Monti e giudicata ora contraria ad alcuni fondamenti della Costituzione italiana, come da sentenza n. 186 della Corte Costituzionale di pochi giorni fa che prevede l'impignorabilità dei beni delle ASL (e quindi di tutte le pubbliche amministrazioni), sancite dalle norme (98/2011 e 158/2012) a supporto del patto di stabilità, definendole contrarie all'articolo 111 della nostra Costituzione, fatto che ora apre la strada ad un possibile ricorso complessivo contro il patto di stabilità .
Ora che da un governo d' emergenza o di salute pubblica , che dir si voglia, che aveva fra i pochi punti da realizzare principalmente quello della riforma della legge elettorale si voglia passare ad un governo di lungo periodo, come da recenti esternazioni a mezzo stampa, che abbia invece come suo primario obiettivo quello di modificare in modo sostanziale la Costituzione nata dalla Resistenza, fra l’altro, ma sarà un caso, così come da programma della loggia P2, non ci pare proprio cosa accettabile e soprattutto il PD dovrà prima o poi necessariamente rispondere ai propri elettori di questa sponda così controversa.
Quel che ci preme sottolineare è soprattutto la deriva sempre più nebulosa, autoritaria e antidemocratica che questo governo, o meglio questo coacervo di interessi, sta assumendo sempre più chiaramente giorno dopo giorno, quasi si voglia lentamente ma inesorabilmente seppellire la democrazia in Italia, il dissenso, il diritto alla protesta, il diritto all'informazione e il rispetto di tutti i diritti dei cittadini garantiti dall'attuale Costituzione, primo fra tutti il diritto al lavoro e il diritto alla salute.
I politici dovrebbero per prima cosa pensare al bene del popolo non al bene delle banche, allo spred e alle altre diavolerie finanziarie e non solo atte al mantenimento dello status quo, in una situazione che,data la legge elettorale, ha già poco di democratico, in un quadro dove inoltre il debito pubblico, malgrado le politiche recessive e la tassazione ormai folle, raggiunge, mese dopo mese, nuovi record negativi. 
D’altra parte inutile meravigliarsi di questo, il meccanismo in atto, così come studiato dagli ideatori della moneta unica, non può che portare a questi disastri ed è inarrestabile, la matematica, si sa, non è un'opinione e prima o poi questo meccanismo perverso travolgerà con effetto domino anche altri Stati che ora si sentono forti e al sicuro dalla speculazione.
Forse anche per questo si vuole modificare, presumibilmente in senso repressivo e verticistico, la Costituzione, per prepararsi a reprimere adeguatamente, con la legge dalla propria parte, le inevitabili proteste popolari, così come recentemente paventato e previsto da alcuni.Si sa, pensar male è peccato ma spesso ci si prende, d'altra parte pare poco probabile che una classe politica in parte così corrotta, come giornalmente ci raccontano le cronache, possa autoemendarsi da sola.


Lo scenario poi per il Sud è ancora più desolante, l'attuale Costituzione infatti sancisce una serie di diritti che mai sono stati applicati nella loro interezza e che avrebbero potuto, se applicati, evitare la deriva di degrado a cui stiamo assistendo e che ha colpito da sempre principalmente il Sud. La giusta protesta della popolazione che sale sempre più pressante dai nostri territori causata dalla crisi sistemica che attraversa lo Stato e dalle emergenze, non solo economiche, che si vivono ormai in maniera sempre meno tollerabile sui territori, sta prendendo corpo e consapevolezza grazie anche ad un lavoro pluriennale di denuncia e ricerca storica sulle origini dell'attuale disastro e dalla loro diffusione virale grazie ad internet , e fanno prevedere come molto probabile , da qui a poco, un voto di protesta che si andrà a concretizzare con la crescita di quei movimenti territoriali che sapranno più e meglio interpretare questo bisogno di riscatto e affrancamento. L'attuale Costituzione ci permette di rivendicare parità di diritti e finalmente la loro concreta realizzazione, ponendo le nostre giuste recriminazioni all'interno della legalità e della normativa, permettendoci quindi non la richiesta ma la pretesa di vedere finalmente puntuale e pronta applicazione di quanto sancito dalla Costituzione e dalle sue norme non appena avremo una rappresentanza parlamentare non "asservita"  come sempre avvenuto in passato, a parte poche lodevoli ma isolate eccezioni. Ecco perchè il sistema vuole blindare le sue prerogative e i suoi privilegi in una visione come sempre monoculare delle necessità popolari e di sviluppo, noncurante delle possibili derive antidemocratiche che questo possa comportare.
Dobbiamo perciò impedire e contrastare questo scenario in modo democratico, garantire anche per il futuro il diritto di libera espressione, di pacifica protesta, di assoluta uguaglianza, in altre parole tutti quei diritti oggi garantiti dall' attuale Costituzione la cui difesa è nostro dovere e diritto, in caso contrario la catastrofe sarà presto inevitabile.
Natale Cuccurese

martedì 23 luglio 2013

Ad ANTONIO CIANO…



In questi giorni abbiamo pubblicato la bella notizia del premio dell’Associazione Culturale internazionale “RADICI” al nostro Presidente Onorario del Partito del Sud Antonio Ciano. Abbiamo anche pubblicato l’articolo valido ed esaustivo di Pino Aprile in merito, e letto al riguardo le belle frasi del Presidente della sezione napoletana “Guido Dorso” del nostro partito Bruno Pappalardo dedicate sempre al nostro Antonio.

Va anche a me scrivere qualcosa cui da tempo penso e colgo quest’occasione per farlo. Nessun premio mi pare innanzitutto più appropriato per le finalità e la titolazione dell’associazione…”RADICI”… e chi meglio d’uno come Ciano poteva ricevere questo onore? Uno che ha dedicato la vita a ricercare, scrivere, fare dibattiti, conferenze, sulla verità delle nostre, appunto, radici…a disvelare eventi e malefatte sconosciute o poco note. Nel 2007, il giorno in cui Ciano fondò il Partito del Sud a livello nazionale (localmente a Gaeta era già in essere dal 2002) non potei partecipare a quella riunione per un attacco influenzale  come quello che di cui sono vittima in questi giorni. Fu un’occasione persa per buona parte del mondo meridionalista. Da una parte il mondo neoborbonico, sempre sospettoso e critico col complesso della sottrazione di meriti e primogeniture che lo affligge da sempre e più alcuni perenni distinguo di meridionalisti alla ricerca di rappresentatività e protagonismi mortificati, ancora in vita nonostante il passare del tempo. Io subentrai a cavallo fine 2009 inizio 2010 alla squadra del PdelSUD. Quel giorno nacque quello che ancora oggi è l’unico vero partito politico a rappresentanza onesta e identitaria del meridione d’Italia. Attenzione : partito e non movimento! Quello voleva essere e quello è stato ad oggi e ci auguriamo e lavoriamo per il futuro. I movimenti, rispettabili e meritori, facciano i movimenti, nessuno li ostacoli ma anche loro evitino di chiedere al PdelSUD di essere quello per cui non è nato. Il partito conquistò, insieme alla lista civica del prof. Raimondi, il comune di Gaeta con Ciano assessore al Demanio. Molte cose ben fatte, e come dice Aprile, alla nuova tornata elettorale fu schiacciato al ballottaggio da quelli che oggi costituiscono il governo detto delle “larghe intese”… primi segnali! Il PdelSUD ha vissuto varie esperienze elettorali…a Latina, Suzzara (Mantova)…per poi ridare un colpo d’ala a Napoli, contribuendo nella coalizione vincente con una sua lista alla elezione di Luigi de Magistris a Napoli. Collaborazione in atto e nomina del sottoscritto come delegato diretto del sindaco nella Commissione Toponomastica del Comune di Napoli. Un po’ d’assessori in giro per l’Italia..la Rossi al Bilancio a Gambellara (Vicenza), due Consiglieri comunali in paesi calabresi, sedi e iscritti in 12 regioni italiane, ecc…iniziative, eventi… Insomma Ciano ce l’ha fatta! Buono, ma non stupido, a disagio (tranne che con la telecamera) con e mail e diatribe tecnologiche/organizzative. Un Presidente Onorario perfetto! Per ruolo, meriti, competenze e per una grande dote. Il nostro Antonio è tutto quello che le belle frasi di Bruno Pappalardo hanno detto e in più ha un suo “tom tom”, navigatore satellitare interno che lo guida nei rapporti e nella fiducia dei suoi fedelissimi che non gli fa sbagliare strada! Talvolta ha anche lui fallito credendo in alcuni, ma ha il grande dono dell’autocritica e del fidarsi e credere e condividere le scelte di chi, come il sottoscritto, l’ha aiutato in questi anni nel gestire il partito. Più di qualche corpo “estraneo” non sincero o strumentale alla causa è stato liberato dal suo sentirsi “stretto” nel partito. Nell’Agosto del 2012 in suo comunicato Ciano scriveva : I nemici di questa aggregazione possono essere tra noi, tra i nostri amici e compatrioti. Il direttivo del Partito del Sud, si sta spendendo per questa causa, come il sottoscritto, da anni e non permetteremo a nessuno di ostacolare il processo in atto. Se qualcuno ha idee diverse, può liberamente andare dove la loro ideologia è parte integrante.”  E in uno precedente d’alcuni giorni aveva difeso la nostra dirigenza (Balìa, Riccio, Cuccurese), con nomi e cognomi, dicendo che chi non era con noi non era con lui. Era stato cooptato in un incontro di contestatori dove, se pur da solo, aveva fiutato puzza di bruciato di sommossa di chi voleva decapitare il partito per impadronirsene. Grande fiuto d’un uomo semplice, onesto, dedito alle sue ricerche e alle sue giornate tra i campi a coltivare olive e pomodori, ma col senso di squadra e lo sguardo dritto a difendere i suoi obiettivi, la sua creatura politica e chi era con lui in questa battaglia quotidiana. Nei fatti un grande ricercatore, scovatore di documenti d’archivio, ma anche un capo fedele, fiducioso dei suoi uomini, un uomo d’abbracciare ogni volta col piacere vero di farlo, guardandolo dritto nei suoi occhi azzurri e sinceri come sono quelli d’un vecchio lupo di mare come è stato nella sua vita lavorativa, sapendo d’abbracciare un uomo vero! Coinvolto assieme a noi suoi uomini da sempre, ultimamente, in avventure progettuali rivelatesi ambigue, ha saputo anche là difenderci da accuse e offese, non tentennando un attimo a condividere le nostre decisioni di proseguire da soli. Il Partito del Sud già c’è, chiunque vuole contribuire ad esserci e ad aiutarlo troverà sempre porte aperte. Altri progetti, pur rispettandone gli intenti, non sono i nostri. Il partito politico lo abbiamo reso operativo dal 2009, gramsciano come il suo capo (il suo “Dx e Sx sono solo indicazioni stradali” è ancora valido, ma riferito ai partiti non alle aree di valori, progressiste e conservatrici, che restano ancora in essere e presenti come valori ed aree di riferimento). Ed il PdelSUD, quello di Ciano, è progressista, così come dichiarato anche nel suo logo aggiornato.

Grazie Antonio, ancora complimenti, fratello maggiore e nostro vero capo brigante!

Con tutto l’affetto possibile

Andrea Balìa
Vice Presidente Nazionale del Partito del Sud

domenica 21 luglio 2013

Articolo di Pino Aprile sul premio internazionale "Radici" che il direttivo dell'Associazione Culturale calabrese ha conferito ad Antonio Ciano




Bellissimo post di Pino Aprile dedicato al premio internazionale che sarà consegnato ad Antonio Ciano il 24 Agosto dall'Associazione Radici.
Noi del Partito del Sud non possiamo che condividere ogni singola parola usata nel post dall'autore di "Terroni" e ringraziare. 
Grazie Pino, grazie Antonio.


Di Pino Aprile

Non poteva essere attribuito un premio più meritato ed evocativo ad Antonio Ciano: “Radici”. 
Averle riscoperte, nella riacquisizione di verità taciute su come fu unificata l'Italia, a spese del Sud, è stato un lavoro collettivo, ancora in corso, che ha visto all'opera dei solitari, poi lievitate in piccole pattuglie di pionieri, poi dilagato in una fame di consapevolezza, di conoscenza di sé, che stanno dando vita a un movimento di massa, un popolo in marcia verso la riconquista della propria storia e della propria dignità, all'interno di quella storia. Ed era una storia negata, per negarne la dignità conseguente; perché quella del vinto, spesso, è più nobile di quella del vincitore.

Il percorso a cui Ciano ha dato un contributo così alto non è stato lineare: nel secolo e mezzo di creazione, a mano armata, della Questione Meridionale e del suo mantenimento con un governo del Paese teso a favorire solo una sua parte, a danno dell'altra (infatti le autostrade, gli aeroporti, le ferrovie si fanno sono a Centronord, ma anche con i soldi del Sud), molte voci si sono levate per raccontare come le cose andarono veramente, nel Risorgimento e per pretendere equità, nel trattamento degli italiani e dei loro territori. Ci sono stati momenti in cui a queste voci se ne sono aggiunte altre e, insieme, sono riuscite a farsi ascoltare; anche se di rado si sono avute azioni coerenti con quelle dichiarazioni di principio (solo due brevi periodi nei primi del Novecento e nel secondo dopoguerra).

Ma a scuola, dalle elementari all'università, hanno continuato a proprinarci la fiabetta del biondo eroe che con i suoi Mille abbatte in tre mesi un Paese di nove milioni di abitanti e oltre centomila soldati ben addestrati (come si vide sul Volturno). Chi doveva farci sapere come stavano davvero le cose non lo ha fatto. E, per legge fisica, i vuoti sono stati riempiti da altri: da Carlo Alianello a Nicola Zitara, da don Capobianco ad Angelo Manna. Con gli ultimi due, Antonio Ciano si incontrava a Gaeta. 

E da dove, se non dalla città che fino all'ultimo difese l'onore del Sud, poteva partire la riconquista di quella parte di verità che dovevamo continuare a non sapere? Le biografie di questi cacciatori di documenti sono diversissime: un prete, don Capobianco, figlio dell'ultimo nato duosiciliano, prima dell'annessione di Gaeta all'Italia piemontese; Angelo Manna, giornalista di raro talento, eletto deputato con il Movimento sociale di Almirante; Antonio Ciano, ex ufficiale di Marina, comunista gramsciano.

Antonio è di carattere irruente, generoso, onestissimo; la veemenza con cui racconta le storie taciute, ricostruite con i documenti che trova, lo rendono inconfondibile. Una passione che il tempo non attenua, né sfiancano le giornate passate a scavare negli archi nazionali, parrocchiali, comunali, nelle librerie. I suoi libri sui massacri compiuti al Sud dalle truppe dei Savoia venute a liberare il Sud (da chi, se non era occupato da nessuno?), specie sulla spaventosa mattanza dei bersaglieri a Pontelandolfo e Casalduni, sono stati un pugno nello stomaco e restano un punto di riferimento per chiunque voglia dedicarsi a queste ricerche. 

Curiosamente, gli storici di professione, invece di giustificarsi per il loro ultrasecolare silenzio sul massacro del Sud, hanno avviato un fuoco di sbarramento contro chi, privo della targhetta accademica, si permette di raccontare quello che loro hanno deciso di tacere. Antonio Ciano ha dovuto difendere il suo lavoro anche in tribunale, persino da chi riteneva di veder diffamati i propri avi. Ma alla divulgazione di quanto via via scopriva e conseguenti iniziative politiche, ormai Ciano aveva deciso di dedicare la vita; da questo deriva la creazione di una televisione da strada, la prima in Italia,Telemonteorlando, che alimentava di contenuti praticamente da solo, armato di videocamera; da questo deriva la fondazione del Partito del Sud e poi la sua candidatura alle elezioni comunali, vinte contro centrodestra e centrosinistra: Gaeta fu l'unica città sopra i 20mila abitanti, non governata da uno dei due poli.

A quel punto, la politica “grossa” si rese conto del pericolo e, in un Paese che paga ogni giorno dell'anno una salata multa all'Unione Europea, per lo scandalo di una rete nazionale (ma appartenente a noto piduista, puttaniere e presidente del Consiglio), Rete4, che trasmette su una frequenza assegnata ad altri, i controllori dell'etere mettono sotto attacco Telemonteorlando, sino a che, esausto e privo di risorse, Ciano deve chiuderla. E alle elezioni successive, contro la lista dei poveri ma belli di Ciano e del sindaco uscente, il centrosinistra e il centrodestra schierano forze e mezzi sproporzionati alla posta in gioco; e il Comune va al centrodestra, che il centrosinistra, di fatto, preferisce alla lista civica del gramsciano Ciano.

Non è uno che cerca di compiacere gli interlocutori, Antonio: dice quello che c'è da dire e lo dice con il suo carattere. Quando andammo insieme in Canada, per un convegno con la comunità meridionale di Toronto, la veemenza con espose i suoi argomenti fu tale (ogni volta, è come se scoprisse per la prima volta le violenze subite dal Sud, per la conquista e l'annessione), che i traduttori ebbero qualche difficoltà a stargli dietro.

Radici” merita Ciano e viceversa. Vorrei che questo premio fosse inteso come il segno di quanto dobbiamo, ad Antonio Ciano, tutti noi che ci dedichiamo a quest'opera di ricostruzione e divulgazione. Il direttivo di "Radici" e l sua Presidentessa, Francesca Gallello, hanno avuto il merito di premiare Antonio Ciano.Un premio internazionale, addirittura. Ciano lo merita tutto. Ha dedicato la sua vita alle radici del male che ha distrutto economicamente e fisicamente il Sud: il Risorgimento piemontese.

Il premio sarà ritirato a Cirò Marina il 24 di agosto. Sarà dedicato allo storico gaetano una intera serata.Molti saranno gli ospiti.

Pino Aprile