di Bruno Pappalardo
giovedì 25 aprile 2013
Liberazione, Camel, Lucky Strike e, … signurine !
di Bruno Pappalardo
Già
la festa della”
Liberazione”.
Festeggiamo
certo! Non c’è altro da fare. Ricordiamolo questo meraviglioso momento che
liberò gli italiani. Non c’è ironia nelle mie parole! Sono sincero.
Ma
perché giunge alla gola una mano da dentro che tenta
di strozzarmi.
Radio
Londra, alle 16,30 lancia il messaggio dello straordinario momento di indicibile
esultanza.
Dal
quotidiano ‘Il Domani d’Italia’ :
“ c’è
una agitazione che è andata freneticamente crescendo ed estendendosi a tutta la
città. Immediatamente le navi ormeggiate alla rada nel porto salutavano l’evento
col suono prolungato delle sirene, che era ingentilito dal suono delle campane
delle nostre chiese. E i due suoni, quella della tragica diana di questa guerra,
e quello confortatore dei bronzi annunziatori di una gioia umana e divina, si
fondevano in un inno di gloria e grazia”
Eccoci
accontentati di belle parole, ancora codazzo dell’enfasi ampollosa e
trionfalistica dei proclami fascisti che mai più, in vero abbiamo veramente
saputo abbandonare.
Nessuno,
però, ricorda il Sud un paio di anni prima e da quel giorno, dal 28 Aprile del
’45 quando il Nord viene liberato cosa
accadde?
Napoli
venne rioccupata,
Tutto
il Sud venne invaso ma una donna su tutte venne stuprata;
Napoli!
Già
Napoli rappresentò in quegli anni e soprattutto da quella liberazione in poi, la
donna, …‘a signurina che
ogni militare liberatore
cercava. Avevano maggiore successo
quelli di colore per via della cioccolata, moneta corrente per comprare
qualsiasi dignità in vendita e, il mercato era bello ampio.
Bastava
niente o poco, pochissimo purché commestibile.
Erano
vedette dei marciapiedi. Erano madri che vendono anche le proprie figliole e dei
ragazzini si afferrano ai vestiti del passante straniero strascicandolo verso
il vascio lupanare.
Tra
gli infiniti sciuscià c’erano quelli che con
un inglese perfetto indicavano la sorella dietro i vetri sul balcone del primo
piano.
Donne
e una città ancora stordita da incessanti e disumani bombardamenti, i più
cruenti di quanti mandati dagli alleati sul territorio
italiano. Era difficile distinguere tra
“liberatori” e “occupanti”. Da subito s’era capito. Una speciale animalità
dimostrata dai militari alleati verso le donne costrette a prostituirsi per la
fame. Nel “rapporto Lewis” si parla di
frequenti casi di commercio carnale a cui aveva assistito di persona, in uno
stanzone di un municipio in cui venivano introdotte, ad una ad una tutte le
donne in fila, in una bolgia di soldataglia strepitante
e dice:
“Le
signore sedevano in fila, a intervalli di circa un metro l’una dall’altra, con
la schiena appoggiata al muro. Vestite con gli abiti di tutti i giorni, queste
donne avevano facce comuni, pulite e perbene di massaie, di popolane che vedi in
giro a spettegolare o fare la spesa. Di fianco a ognuna era appoggiata una pila
di scatolette [di generi alimentari](…) Le donne rimanevano assolutamente
immobili, in silenzio, e i loro volti erano privi d’espressione,(…) Non un
incoraggiamento, non un ammicco, niente di provocante, neppure la più discreta e
casuale esibizione di nudità. I più animosi, con le scatolette in mano, si erano
fatti avanti fino alla prima fila, ma ora, di fronte a quelle madri di famiglia,
donne coi piedi per terra” La
realtà aveva ancora una volta tradito il sogno. “… alla fine un
soldato un pò alticcio, istigato di continuo dagli amici, ha deposto la sua
scatola con la razione vicino a una donna, si è sbottonato e si è chinato su di
lei. Un movimento meccanico delle anche, ed è subito finito tutto. Un attimo
dopo il soldato era di nuovo in piedi e si
riabbottonava”.
Certo
una città, una donna diventata degradata e anche lasciva, una città senza
dio.
Chi
ha visto gli infiniti sciuscià capiva che quei ragazzi non volevano
morire.
Chi
ha visto le donne capiva ch’era una umanità che voleva riscattare almeno la sua
anima mentre veniva stuprata.
Da
quel giorno iniziò una nuova occupazione, quella della politica industriale del
Nord.
Avvenne
certo la“Liberazione” dei municipi ma l’occupazione di un territorio nascosto,
il corpo fanciullo di donne del
Sud.
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